Titolare che preleva soldi dalla farmacia: cosa succede al bilancio?

I prelievi di liquidità di un titolare di farmacia non sono che un atto dovuto da parte dell’azienda di remunerare un professionista-imprenditore per il suo apporto lavorativo, per le sue responsabilità e per il (pur modesto) rischio d’impresa nell’aver conferito dei capitali personali in farmacia, al pari di qualsiasi investitore.

Ovviamente, quando mi riferisco ai prelievi considero anche tutti quei pagamenti che il titolare fa per suo conto con il denaro della farmacia: si pensi, a mero titolo di esempio, al pagamento dei contributi previdenziali e delle imposte personali.

Cosa succede alla contabilità con i prelevamenti a titolo personale?

Tutte le volte che si preleva a titolo personale o si pagano delle somme a vantaggio del proprietario della farmacia contabilmente si registra un credito della farmacia nei confronti di costui, quindi nel tempo si cumulano dei valori che, a fine anno, il commercialista compenserà con gli utili prodotti dall’attività. Volendola ricercare nel bilancio, una voce denominata pressappoco “titolare conto prelievi” o “soci conto anticipo utili” la si trova nell’attivo dello stato patrimoniale, appunto tra i crediti aziendali.

Se i prelievi dovessero essere inferiori al risultato economico la differenza potrà essere prelevata o destinata a riserva di utili. Se, viceversa, gli stessi prelievi a fine anno dovessero risultare superiori ai profitti registrati, tale credito verrà stornato solo per la quota di utili disponibili e rimarrà aperto, trasferendosi all’esercizio successivo.

Quando il titolare mette le “mani” sui conti della farmacia

Il discorso merita maggiore attenzione quando il credito dovesse tendere a crescere, a volte a dismisura, facendo emergere la pessima abitudine del farmacista nel mettere mani senza scrupolo sui conti della farmacia, privandola della liquidità a volte essenziale per il normale svolgimento dell’attività. In qualche caso mi sono trovato di fronte a cifre esorbitanti (svariate centinaia di migliaia di euro) e altre volte a una vera e propria crisi di liquidità dell’impresa, nonostante una buona redditività aziendale.

Il “vizio” affonda radici nel passato

Più tale credito dovesse risultare elevato e maggiore è la possibilità che il “saccheggiare il cassetto della farmacia” sia un vizio che affonda le radici nel passato, anche lontano, quando magari le condizioni finanziarie d’impresa erano ben altre e di evitare di depauperare l’azienda non passava minimamente nella mente del titolare, atteso che la saracinesca alzata garantiva flussi finanziari in abbondanza e parlare di futuro, di progetti, di contesti che possono mutare era solo il fastidioso gracchiare da parte di uccellacci di malaugurio…

I motivi del fallimento? Cattiva gestione finanziaria

Ma siccome gli stessi bilanci vengono letti anche dai finanziatori della farmacia, ci potrebbe essere qualche investitore che possa sollevare dubbi, magari all’improvviso o in un momento davvero poco opportuno per l’azienda, sulle capacità di fare impresa da parte di qualche farmacista. Credo che statisticamente si fallisca più per una cattiva gestione finanziaria che per una perdita di economicità nella gestione.

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Giuseppe Salvato
Giuseppe Salvatohttps://nuovidea.it/
Commercialista insolito e docente di Capacità Gestionali e Relazionali presso il dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell'Università di Bologna. Ha interrotto da anni le attività tipiche della professione per supportare le aziende, e in particolare le farmacie, verso il cambiamento: nuove idee, controllo di gestione, sviluppo delle risorse umane. Ha fondato Nuovidea per una consulenza direzionale su misura.

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