Una delle frasi più celebri nel marketing contemporaneo è quella enunciata da Seth Godin:
«Cerca prodotti per i tuoi clienti, non clienti per i tuoi prodotti»
Una frase semplice, apparentemente banale, ma che racchiude in sé spunti e riflessioni preziosi anche per la nostra professione.
Chi, all’interno della propria azienda, non vorrebbe offrire prodotti che i clienti desiderano acquistare?
D’altronde, le continue sollecitazioni all’acquisto da parte dei brand che operano nel canale farmacia ci propongono soluzioni «miracolose», spesso già note al grande pubblico, presentate come successi commerciali garantiti.
Eppure, l’inserimento in farmacia di quel prodotto o quella nuova linea spesso non raggiunge i volumi di vendita auspicati. Le motivazioni sono diverse ma ricorrenti.
Tendenzialmente, il problema non sta nel prodotto in sé, ma nel suo utilizzo.
Una causa frequente è che il prodotto non ha «mantenuto la promessa» fatta al cliente: riconosciuto ma poco efficace, non merita di essere riacquistato.
Probabilmente non si è analizzata a fondo la situazione del cliente, optando direttamente per la vendita del prodotto senza un reale approfondimento.
Oppure, pur traendo beneficio dal prodotto, il cliente lo riacquista altrove: in luoghi più vicini, comodi o convenienti.
Entrambe le situazioni hanno ripercussioni sulla figura del farmacista: nel primo caso, non ha individuato la soluzione adatta; nel secondo, è risultato meno competitivo in termini di prezzo o servizio.
La buona notizia? Per entrambi gli scenari esistono strategie per contenere il danno che, se applicate con cura, fanno la differenza sul medio-lungo termine.
Il punto di partenza è “sfoltire” le referenze (ad esempio cosmetiche), tipicamente sovrabbondanti in farmacia, per concentrarsi sul “cluster” di clientela fidelizzata.
Spesso i reparti sono stracolmi di prodotti tra cui persino il farmacista fatica a distinguere differenze tra linee o referenze simili, figurarsi il cliente…
Il contesto è cruciale: operare in un quartiere popolare, in una zona benestante, vicino a scuole o palestre impone scelte di prodotto necessariamente diverse.
Orientarsi al cliente significa capire prima chi è il nostro cliente «tipo», e poi cosa può essergli utile.
Dopo questa prima scrematura nel cluster di riferimento, si analizzeranno le esigenze più ricorrenti e i rimedi più venduti e riacquistati.
Identificato il prodotto (o la linea), se i numeri lo consentono, si può avviare una produzione in private label. Questo creerà referenze esclusive e introvabili altrove, dedicate alla clientela di quell’azienda.
Questa è l’essenza del private label: una soluzione coerente e performante per una nicchia di pubblico ben definita nel proprio territorio, sulla quale lavorare con focalizzazione.
Che si tratti di cosmesi, integratori o altro, questo è l’unico meccanismo per azzerare i rischi.
Un lavoro metodico, che esclude superficialità e potrebbe sembrare inizialmente una perdita di tempo.
In realtà, selezione dopo selezione, avremo creato articoli altamente efficaci e unici sul mercato, costruendo giorno dopo giorno un “fortino” inespugnabile che garantisce stabilità nelle vendite quotidiane.
Molti colleghi lo fanno già: oltre a un notevole ritorno d’immagine, hanno ottimizzato costi e magazzino grazie a soluzioni realizzate nei propri laboratori.
Se mancano le risorse per una produzione interna, numerose aziende in tutta Italia sono pronte ad affiancare la farmacia nella creazione delle sue specialità.
Basta solo volerlo.