I farmaci non funzionano. Questo titolo campeggia, come un monito, sulla copertina della storica rivista settimanale americana Newsweek. L’allarme, che può sembrare eccessivo riguardo la nostra esperienza quotidiana, riguarda la già nota tendenza dei batteri a sviluppare resistenza agli antibiotici più sicuri e diffusi.
Il mese scorso, il Centro per il Controllo delle Malattie e Prevenzione americano (CDC) ha rilasciato uno scioccante rapporto riguardo l’impatto della resistenza dei batteri sulla salute e sui servizi al malato. Si legge che ogni anno 2 milioni di persone negli Stati Uniti sono infettate da batteri multi farmaco resistenti (MDR), di questi almeno 23 mila non sopravvivono all’infezione. I costi si aggirano intorno ai 55 miliardi di dollari divisi in 20 miliardi per spese mediche aggiuntive e 35 miliardi per mancata produttività.
Il direttore del CDC Tom Frieden scrive: “Se non stiamo attenti, saremo presto in un era post-antibiotici… e per alcuni pazienti e alcuni particolari microbi, ci siamo già”.
Quali sono i batteri che hanno sviluppato una resistenza multipla agli antibiotici? Ad esempio Gonorrhea, Clostridium difficile, Eterobacteriaceae resistente ai carbapenemi, possono tutti causare infezioni non trattabili secondo i protocolli farmaceutici standard.
Paradossalmente, gli ospedali sono diventati un luogo di diffusione di questo genere di infezione; negli Stati Uniti tutte le procedure di disinfezione e profilassi del paziente, sono state riviste in senso più stringente.
Nello stesso articolo, si elencano una serie di casi emblematici come quello di una donna deceduta in seguito ad un’infezione alla cistifellea, oppure quello di una persona a cui è stata amputata una gamba in seguito ad un’infezione trasmessa in sede di intervento chirurgico ad un ginocchio.
Il quadro si fa ancora più cupo prendendo coscienza del fatto che le grandi case farmaceutiche non fanno più ricerca nel campo degli antibiotici. Non si tratta, infatti, di un investimento remunerativo. I colossi del farmaco preferiscono sovvenzionare ricerche su malattie croniche, come il diabete, che garantiscono un utilizzo del prodotto farmaceutico su larga scala e possibilmente in maniera cronica. Lascio al lettore le considerazioni del caso.
Immaginare un mondo senza antibiotici, sarebbe come fare un passo indietro di un centinaio di anni nella terapia medica. Si pensi ad esempio ai trapianti, sarebbe impossibile infatti accedere a tali forme terapeutiche in assenza di condizioni sterili. La stessa chemioterapia oncologica sarebbe pressoché impossibile da gestire, poiché impatta in maniera sensibile sul sistema immunitario, deprimendolo.
La cause che hanno portato a questa preoccupante situazione, sono da ricercare soprattutto nell’abuso veterinario di antibiotici e solo successivamente nell’eccessivo ricorso alla prescrizione di antibiotici ad uso umano quando non necessari o addirittura inutili. Sicuramente una campagna di sensibilizzazione al tema, può porre un freno ad abitudini sbagliate e leggerezze fatali. L’Europa si è già attivata in maniera positiva vietando l’utilizzo antibiotici veterinari come promotori della crescita, divieto che purtroppo non è ancora efficace negli Stati Uniti, mentre i dati sui paesi emergenti sono preoccupanti. In un mondo globalizzato, non ha senso ignorare che a Nuova Deli si sta diffondendo un ceppo batterico MDR in grado di provocare infezioni urinarie; la facilità degli spostamenti renderà possibile il contagio su scala planetaria. A tal proposito, emerge in maniera palese la necessità di istituire un organo internazionale di sorveglianza sull’utilizzo degli antibiotici e sugli organismi batterici MDR. Una campagna di sensibilizzazione indirizzata ai medici e a tutti gli operatori del farmaco è sicuramente auspicabile, così come non sfuggirà al lettore i ruoli chiave del farmacista territoriale e del medico di base. Questi ultimi infatti, lavorando in sinergia, possono incidere in maniera rilevante sull’uso corretto degli antibiotici, gettando le basi affinché restino una risorsa importante anche per il futuro.
Per non parlare dell’abuso prescrittivo spinto dalle stesse case farmaceutiche. Basta guardare i dati di ogni inverno: migliaia di pezzi di ceftriaxone inutilmente iniettati quando in realtà la maggior parte dei casi non avrebbero avuto alcuna ragion d’utilizzo…
Sì, è una pratica molto pericolosa; a maggior ragione se si spinge il farmacista, sempre di più, ad allontanarsi dalla funzione di farmacovigilanza a favore di quella imprenditoriale. La somma di tutte queste tendenze, autorizza alcuni commentatori internazionali a parlare di convergenza verso una “tempesta perfetta”, con effetti disastrosi come quelli esposti nell’articolo.
Segnalo ai gentili lettori che lo stesso tema trattato nell’articolo sulla farmacoresistenza, è messo in evidenza dal numero di Novembre 2013 di Science USA nell’editoriale a firma Donald Kennedy. Una conferma autorevole dell’esigenza di puntare un riflettore sul problema.