L’industria farmaceutica spesso attua politiche commerciali a seconda del canale di vendita e dell’interlocutore.
Il decreto Cresci Italia ha liberalizzato la scontistica praticabile su farmaci di Fascia A, Fascia C e tutto ciò che è vendibile in farmacia, eccetto alcune particolari categorie.
Non è stata però concessa la possibilità alla farmacia di poter acquistare i farmaci ad un miglior prezzo: la marginalità è stabilita per legge secondo una griglia ben precisa, modificata recentemente con la Finanziaria 2010.
Industria farmaceutica e margini filiera
Industria Farmaceutica | 66,65% |
Grossista | 3% |
Farmacia | 30,35% |
In farmacia, lo sconto massimo applicabile al cliente deve oscillare obbligatoriamente tra lo 0% e il 30,35%. L’industria farmaceutica percepisce il 66,65%, farmacie e grossisti dividono la restante parte, rispettivamente 30,35% e 3%.
Accade però che l’industria farmaceutica spesso attua comportamenti differenti, rinunciando a gran parte del margine commerciale.
Cosa accade quando il Servizio Sanitario Nazionale contratta direttamente con l’industria farmaceutica? In che modo vengono effettuate le trattative? Cosa è disposta a fare l’industria farmaceutica pur di esserci?
Riportiamo qualche esempio di come l’industria farmaceutica ribassa il prezzo dei farmaci quando si tratta di vincere un’asta pubblica, ovvero quando entra in competizione con altri potenziali concorrenti.
Tach*pirina 1000mg € 0,006 a compressa, 26.000 compresse di Tach*pirina alla cifra di € 156,00 + IVA 10%.
Dicl*fenac 50mg a € 0,04 a compressa, per acquistare 7.200 compresse alla cifra di € 288,00+ IVA 10%,
Amlodipina besilato a € 0,01 a compressa + IVA 10 %
Sino ad arrivare al caso della fornitura di 2.100 compresse di prulifloxacina al costo di € 0,03 + IVA pari a € 0,04 IVA inclusa, 0,00001 € a compressa.
Qualche domanda sorge spontanea:
- Come si spiega una politica di prezzi? Voglia di penetrare il mercato, aggiudicandosi l’asta per posizionare un immagine, un brand aziendale ed inserire poi altri prodotti?
- Perchè la disparità di trattamento e perchè la totale assenza di una normativa che vada a scardinare la roccaforte del 66,65%, che sicuramente rilivellerebbe i prezzi al ribasso e stimolerebbe la concorrenza?
- Perchè il SSN viene messo nelle condizioni di poter competere mentre la farmacia si vede imposto il prezzo minimo di acquisto?
- Perchè con la legge Abbruzzo 2009 è stata negata la possibilità alla farmacia di approvvigionarsi ad una scontistica maggiore del 41,35% per gli acquisti diretti di farmaci equivalenti?
Tante domande, poche risposte, in un settore dove il più forte – in questo caso l’industria farmaceutica – la fa da padrone.