Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, recita un vecchio detto.
Se chiedessi ai sedicimila titolari di farmacie private se siano più importanti i collaboratori o i prodotti che vendono, sono sicuro che tutti sceglierebbero i primi, magari facendo seguire alla risposta il solito: “ma ultimamente non riesco a…”. Sì, lo so, ma la difficoltà nel trasmettere quello che oggi serve fare rappresenta una tematica differente, tanto vasta ed importante da meritare una trattazione autonoma.
In ogni caso, tornando alla farmacia ed alle sue peculiarità, non conosco un altro tipo di attività che abbia così tanti professionisti per metro-quadrato a disposizione del cliente ed in cui la fila si crea proprio per essere serviti dai farmacisti anche per un “saugella blu”, al contrario dei luoghi in cui ci si incolonna solo solo per pagare.
E poi, come non guardare alle nuove realtà?
Nel farlo, è curioso rilevare che, in spazi dedicati alla vendita raramente inferiori ai duecento metri-quadrati – ed, in ogni caso, la tendenza è quella ad un sensibile aumento della superficie commerciale – coloro che dovrebbero giocare, almeno sulla carta, il ruolo dei protagonisti, sono relegati in uno spazio di azione di appena dieci metri-quadrati, laggiù in fondo, tanto ormai lo sanno tutti che: “da Boots a Piccadilly il banco etico sta sotto, al -1, in fondo”.
E allora via a gondole – scaffali – touch-screen – percorsi – immagini-in-3D – monitor – pareti – scritte – messaggi -ovunque – cesti – avancassa – sconti – offerte – gratis-quello-e-questo e addirittura il 3×2.
Con la solitaria responsabile cosmesi multi-funzione per giustificarne il costo.
Il tutto con la solita fila lì, in modalità “eucarestia”, popolata da chi, arrivato a banco dopo minuti di attesa immobile e vigile, sì da essere pronto a scattare al suono del nuovo gong, continua a chiedere ad un professionista il “saugella blu”.
Insomma, in definitiva, tutto come prima, eccezion fatta per la non trascurabile differenza di qualche decina di migliaia di euro in meno, con un fatturato che non ne risente più positivamente come come accadeva in passato.
E poi, nonostante i duecento metri-quadrati, continua a mancare privacy, tanto che bisogna parlare sottovoce, con un bisbiglio che porta, più o meno spontaneamente, ad essere seri e ad assumere lo stesso atteggiamento dei familiari del malato che conferiscono col medico nelle corsie d’ospedale.
Queste sì che sono le condizioni migliori per la vendita!!!
E loro, i presunti protagonisti? Sono lì, quasi costretti in un mini-luogo hi-tech che non riconoscono e non viene riconosciuto, mesti per l’imposizione del cross-selling preimpostato, a freddo, che segue la legge dei grandi numeri nemmeno fossimo in Autogrill.
Per di più, per l’ennesima paradossale schizofrenia, il banco è sovente il luogo più buio dell’intera area. Ma i farmacisti sono o non sono i più importanti? O almeno più importanti di quei prodotti che hanno comunque tutti i vostri competitors e che, invece, sono illuminati al pari delle vere star di ogni palcoscenico che si rispetti? Eppure, cionondimeno, nessuno li tocca, e, di fronte a tale innegabile constatazione, mi viene detto: “No no, fanno da soli”. Ed io non posso che ribattere: “Sì, va bene, ma quanti? In quanti sul totale degli scontrini? Cinque? Dieci al massimo?”.
Contateli – escludendo le categorie “mamme” e “sportivi”, che mi auguro siano ben nutrite – e poi ne riparliamo!
Se alla domanda precedente ricevo solo risposte vaghe ed incerte, è con convinzione e certezza che tutti riconoscono come, ogniqualvolta si esca dal banco per andare a rimettere a posto un prodotto o per svolgere altre mansioni, ci sia sempre un cliente disposto a perdere il posto in fila per venire a chiedere qualcosa.
Accade anche nella tua farmacia?
Da queste poche considerazioni è agevole evincere che la struttura della farmacia e la disposizione delle infrastrutture interne debbano seguire un’altra logica: quella di chi viene come cliente per contribuire a pagare lo stipendio di chi lavora.
Se il banco, anno dopo anno, è retrocesso fino ad arrivare laggiù si può pensare di continuare a lavorare come si faceva prima, quando – lo ricordo distintamente – si trovava appena oltre la porta d’ingresso?
Se volto, invece, lo sguardo dall’altro lato, dove restano le “vecchie” realtà, di quelli che aspettano un miracolo, o un profano Godot, la situazione non è migliore.
I professionisti sono sempre quelli laggiù, quelli che, se sono sotto il metro e sessantotto di altezza, non riesci nemmeno a notare, col banco che, insieme ai preservativi appoggiati sopra, raggiunge un’altezza uguale se non maggiore.
E al loro fianco – dei preservativi non dei professionisti, quindi davanti a questi ultimi – troviamo smalti, come fossero il prodotto di punta, accostati ad un detergente e, almeno fino a ieri, a flaconi di Autan, magari a setto o otto (o più) euro, tanto per far capire che se vuoi comprare qualcosa oltre alle medicine devi essere almeno benestante.
Che, poi, basterebbe fermarsi a riflettere un momento per cogliere la contraddizione profonda tra lo scenario appena descritto e quei ritagli di cartoncino, spesso fluo, che circondano, fino a coprirlo, il professionista stipendiato, sul presupposto – fallace – della sua inutilità al fine di comunicare. Così dicono, così come per la roba sul banco, che “va via una meraviglia”.
E ci mancherebbe altro che così non fosse: in un posto dove niente e nessuno vende, il banco risulta, ahimè, il vero fenomeno. Di qui quel paradosso per cui, in virtù di questa sua capacità, il banco viene sovraccaricato, con la conseguente scomparsa del professionista, che passa quindi in secondo piano, soprattutto per i clienti.
Fermi tutti. Ricominciamo.
Se credi che, per la crescita della tua farmacia, i tuoi collaboratori non siano più importanti di arredamento, comunicazione, robot, dimensioni, allestimento, etc. etc., allora la pensiamo diversamente e basta confrontare alcuni numeri per vedere chi ha ragione e chi torto.
Se credi, invece, che i tuoi collaboratori siano fondamentali, in un rapporto di 80-20 nei confronti delle infrastrutture, sappi che, per avere la migliore farmacia del tuo comprensorio, devi avere i collaboratori più bravi, non la farmacia più bella. E, per avere i collaboratori più bravi, oltre ad intraprendere un percorso di crescita, oggi necessario sia per loro che per il titolare, capace di condurre tutti ad affrontare serenamente il mercato, prima di tutto devi metterli in condizione di potersi esprimere al meglio. Relegarli laggiù, in fondo, è fare il catenaccio. E le squadre che fanno il catenaccio non vincono più (sì, l’Inter ci ha fatto il triplete, l’eccezione che conferma la regola :-).
Occorre restituire dignità alla professione, a quel camice che va indossato, a quel ruolo che va supportato e rispettato nel concreto con azioni e comportamenti, non solo con belle parole.
Ti svelo un segreto: è vero che il banco etico di quella famosa farmacia londinese sta laggiù, ma poi, per ogni metro-quadrato di vendita di prodotti che hai anche tu, ci sono PERSONE, professionisti nel loro settore, posizionate secondo una precisa strategia, che sono a disposizione dei clienti e fanno passare in secondo piano le strutture.
Valorizza i tuoi collaboratori, la professione che rappresentano e il luogo sacro dove lavorano. Dagli fiducia, investi nella loro crescita e raccoglierai frutti (invece di quelle “tempeste” che ormai sono all’ordine del giorno).
Condivido tutto in pieno.
Ma molti titolari sono miopi a certe verità lampanti e per loro conta solo il portafoglio… con lo scenario in mutamento credo/spero che saranno spazzati via, senza tanti complimenti.
Oramai, come vedo nella mia pratica quotidiana, siamo più dei cassieri da supermercato con laurea, i servi della gleba del mondo sanitario, che professionisti. La cosa scoraggiante è che alla maggior parte dei colleghi va bene così. Oramai al 90% è un lavoro che saprebbe fare anche una scimmia ammaestrata.
E non godiamo del rispetto di nessuno: né dei clienti, né dei medici, né dei titolari, né di noi stessi.
Ma la professionalità e le competenze, l’iniziativa e la voglia di lavorare e imparare, l’iniziativa e l’innovazione sempre più sono quel valore aggiunto ormai essenziale che credo “il capitale” prossimo venturo ci insegnerà a caro prezzo.
Buongiorno e grazie per il commento, apprezzo molto. La prima qualità che va ritrovata è la causatività: quindi basta con il fatto che è sempre colpa di qualcun altro. Si viene percepiti esattamente per come ci si mostra. Perdoni la brutalità della risposta ma l’esperienza di quasi 2000 farmacie conferma questo… e conferma anche che quelle dove si lavora da professionisti del banco sono molto poche. Ah, la professionalità. Tu tti ne parlano, tutti la rivendicano ma rimane sempre un termine astratto. Quali sono i comportamenti che la rendono concreta e quindi apprezzabile? Scrivo una cosa che non ho mai reso pubblica: oltre il 90% dei collaboratori non è a conoscenza di nessun evento che sta cambiando il modo di lavorare (ma non la professionalità), si parla solo di clienti e delle loro castronerie. C’è arrendevolezza e presunzione, pensando che a questo mondo si possa essere bravi solo perchè in possesso di una laurea. Le medaglie si guadagnano sul campo e il “capitale” quando arriverà sconvolgerà principalomente il ruolo del collaboratore, sia per le loro farmacie e di conseguenza per quelle che rimarranno indipendenti. Non mi sembra che ci si stia preparando, nonostante si apriranno per la categoria grandi opportunità professionali. Spero bene… Grazie.
Articolo interessante ma non condivido assolutamente la figura del farmacista venditore e non professionista. Purtroppo ormai tutti i moralisti parlano del “cross-selling” solo come un modo per aumentare i fatturati. In realtà non è così e per chi lo interpreta in questo modo è solo CONTROPRODUCENTE. Il cross-selling se fatto con una logica e professionalità (purtroppo pochi collaboratori lo capiscono) è un modo per fidelizzare il cliente che vedrà la farmacia come centro per la salute. Perché il cross-selling non deve essere finalizzato solo alla vendita ma deve essere utilizzato per CURARE una patologia. Faccio un breve esempio. Se un cliente entra in farmacia e chiede una crema per le emorroidi, il farmacista la prende, la dispensa e basta. A fare questa operazione si potrebbe a questo punto mettere anche un robot! La crema per le emorroidi con anestetico e corticosteroide serve solo a diminuire i sintomi e non a curare la patologia. Se invece il farmacista parlasse con il cliente associando un prodotto a base di flavonoidi per rafforzare i vasi ed eventualmente un lassativo osmotico per ammorbidire le feci, andrebbe per prima cosa a fare un atto professionale andando a curare la patologia. Non sta facendo cross-selling per vendere, ma per curare e fidelizzare. Il cliente a questo punto ha trovato un professionista, sempre disponibile, del quale si potrà fidare per altre patologie! Questo differenzia una farmacia “all’italiana” rispetto alle catene.