Maternità anticipata: la farmacia come luogo di lavoro a rischio

La farmacia è uno di quei luoghi di lavoro potenzialmente rischiosi per una donna in gravidanza e lo può essere per vari motivi: proviamo ad esaminarli.
Innanzitutto è solitamente presente in farmacia uno spazio riservato al laboratorio galenico dove l’addetto maneggia quotidianamente anche sostanze potenzialmente tossiche, è vero che ha a disposizione tutti i dispositivi e strumenti di protezione ma in uno stato di gravidanza non si può essere sottoposti neanche al minimo rischio.

Un’altra motivazione per cui potrebbe essere rischioso il lavoro in farmacia è perché questo è svolto per la maggior parte del tempo in piedi cosa che, con il procedere della gravidanza, è sempre meno sopportabile ed anche pericoloso.
Ultima motivazione per cui la farmacia è vista come luogo di lavoro a rischio è legato alla pandemia che negli ultimi due anni ha investito l’intero mondo; le farmacie sono rimaste aperte per tutto il periodo in cui è stato dichiarato lo stato d’emergenza e per quanto siano aumentate nel tempo le misure di protezione per i dipendenti, queste erano e rimangono luoghi in cui transitano molte persone, il che fa crescere il rischio di contagio al suo interno.


In tutti questi casi esiste la possibilità di cambiare mansione alla farmacista in gravidanza e permetterle di continuare a lavorare, ponendola ad esempio lontano dal laboratorio galenico, riducendole il tempo in cui deve lavorare in piedi o farla lavorare da casa ma solo se queste possibilità sono previste dalla farmacia in questione altrimenti si deve ricorrere all’interdizione immediata.
L’interdizione immediata vede la farmacista rimanere a casa, senza lavorare, non appena scopre di essere incinta, godendo della maternità anticipata cioè pagata all’80% dello stipendio proprio come i cinque mesi di maternità obbligatoria.

In alcuni di questi casi è previsto anche un allungamento della maternità in seguito alla nascita del bambino; in questo caso si tratta di interdizione post-partum e consiste in ulteriori quattro mesi, oltre i tre in seguito al parto, che la farmacista può richiedere per rimanere lontana dal luogo di lavoro a rischio.
In entrambi i casi la domanda viene fatta dalla lavoratrice di concerto con il datore di lavoro, all’ispettorato del lavoro che, valutata la situazione, accetterà o meno la richiesta di interdizione.


Questi periodi di interdizione sono molto importanti specialmente in tempi di pandemia perché permettono al personale della farmacia di continuare a fare figli sentendosi sicuri e tutelati.

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Amanda Tamburo
Amanda Tamburo
Farmacista che unisce la passione per la cosmetica con quella per la gestione di farmacia.

1 COMMENTO

  1. A questo punto penso di girare i tacchi e allontanarmi da questo luogo con la velocità della luce!
    Faccio un piccolo esempio che non vuol essere una regola!
    La maternità viene portata avanti quando si è giovani o quasi giovani( tutto è relativo e l’età è cambiata nel tempo). Personalmente a 26 anni ho avuto il primo figlio quando ero collaboratrice allorchè le regole erano molto elastiche! Nato il figlio il 26 agosto, ero in farmacia il 10 settembre.
    Secondo esempio. ho avuto il figlio n.2 quando ero titolare di una farmacia rurale di 2000 abitanti.
    Figlio nato il 9 settembre e il farmacia ero già il 15 settembre.
    Vuoi raccontarmi tu un dato personale che mi indichi a quali lavori forzati e in campo minato è costretta una Farmacista Collaboratrice?
    Esiste già la gravidanza a rischio e penso che infierire ancora su chi esercita la sua professione in una Farmacia con una sola collabioratrice, sia come infierirev su un vinto!

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