L’import export farmaci è una pratica che consiste nell’acquistare farmaci in paesi dove questi costano meno e rivenderli in un paese dove il prezzo è più elevato.
Il fenomeno dell’import export faramaci, sviluppatosi negli ultimi anni e spinto dalla libera circolazione delle merci in ambito europeo, è oggetto di interesse di numerosi farmacisti che sfruttano quest’opportunità per migliorare la redditività della farmacia, nonostante, nella maggior parte dei casi, il vero beneficio è degli importatori paralleli.
Sotto l’aspetto distributivo si genera una rincorsa al farmaco in cui molte farmacie e spesso i grossisti, sottraggono al mercato nazionale quantitativi di farmaci per rivenderli agli importatori.
L’industria, per difendersi dal fenomeno, immette i farmaci sul mercato in piccole quantità e, prima le farmacie, poi i pazienti, sono costretti a lunghe attese.
Import export farmaci, come funziona
Gli importatori paralleli acquistano piccole quantità di famaci reperendole su tutto il territorio nazionale, da grossisti e farmacie, e dopo averli rietichettati con la lingua del paese destinatario, rivendono questi farmaci alla distribuzione intermedia estera.
L’importatore invia ai propri fornitori (farmacie o grossisti) un ordine aperto con validità mensile, quest’ultimo contiene centinaia di referenze per l’import export farmaci.
A ciascuna referenza è associata la massima quantità che, nel periodo di validità dell’ordine, è disposta a ritirare. Al contrario, non esistono limitazioni rispetto al raggiungimento di quantità minime di merce.
Nello stesso ordine, viene indicato lo sconto a cui l’importatore, per l’import export farmaci, è disposto ad acquistare ciascun prodotto ed il lotto minimo da rispettare (riferito al numero di lotto di produzione).
La farmacia, una volta raccolti i farmaci interessati, prepara il documento di trasporto o la fattura per l’import export farmaci ed invia i prodotti al trader.
L’importatore propone pagamento anticipato della merce e spedizione a proprio carico tramite corriere.
Tra le aziende i cui farmaci sono maggiormente oggetti di questa pratica ricordiamo Astrazeneca, Eli Lilly, GSK, Merck, Novartis, Novo Nordisk, Pfizer, Roche.
Ecco un breve stralcio di un elenco di farmaci solitamente interessati all’import export farmaci.
Contingentamento, problema principale dell’import export farmaci
La pratica dell’import export farmaci, ovviamente poco gradita dalle industrie produttrici, arreca non pochi danni all’intero sistema farmaceutico.
Di fatto, quello che avviene sul mercato, è una rincorsa all’approvvigionamento di quantitativi più o meno grandi di farmaci, ceduti all’importatore.
L’industria, per limitare il fenomeno, suddivide il territorio italiano in microbrik, stabilendone il fabbisogno massimo.
Viene eseguita la pratica del contingentamento: in pratica il farmaco viene immesso sul mercato in piccole quantità predefinite, stabilite per grossista o per singola farmacia.
Nel caso di un ordine di un alto numero di pezzi di singolo prodotto, direttamente all’azienda produttrice, la domanda della farmacia viene solo parzialmente soddisfatta.
Il risultato finale è che molti prodotti subiscono un’intermittenza nella distribuzione ed il paziente è costretto a lunghe attese, sopperendo con farmaci di simile valore terapeutico ma differenti dal farmaco prescritto.
Commercio all’ingrosso in farmacia, tutto in regola?
Sempre più spesso i farmacisti si chiedono se sia lecito esercitare attività di commercio all’ingrosso di farmaci e prodotti extrafarmaceutici attraverso la farmacie: grazie alla normativa di riferimento la farmacia può esercitare attività di commercio all’ingrosso.
Import export farmaci, quanto conviene?
Il fenomeno del parallel trading ha numerosi dubbi circa la effettiva redditività della farmacia, anche a fronte degli sforzi organizzativi.
Il margine lordo della farmacia può oscillare tra il 3% e il 10% per i farmaci più rari.
L’Istituto per la Competitività ha elaborato nel 2009 un interessante documento in cui viene analizzato in dettaglio il fenomeno.
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I requisiti della farmacia
La normativa di riferimento (Decreto 219/2006) prevede l’emanazione di un provvedimento di autorizzazione alla distribuzione all’ingrosso da parte della competente Regione o Provincia e/o da autorità delegata (ASL di competenza).
Il provvedimento di autorizzazione è emanato solo a seguito di una verifica ispettiva dell’idoneità dei locali alla corretta conservazione e della verifica della presenza di un responsabile con specifici requisiti culturali e professionali.
Pertanto, fatta salva l’abrogazione del comma 2 art.100 della legge 219/2006, quest’ultima continua a definire i requisiti che ogni commerciante all’ingrosso, inclusa la farmacia che intende intraprendere questa attività, deve rispettare per condurre un’attività secondo legge. La legge ne specifica i dettagli agli art. 101 e seg., di seguito riassunti.
La farmacia che desidera svolgere attività di commercio all’ingrosso deve:
- disporre di locali separati dal locale di vendita al pubblico dotati di installazioni e di attrezzature idonei, sufficienti a garantire una buona conservazione e una buona distribuzione dei medicinali
- disporre di adeguato personale nonché di una persona responsabile (può essere il titolare stesso), in possesso del diploma di laurea in farmacia o in chimica o in chimica e tecnologia farmaceutiche o in chimica industriale
- rispondere ai principi e alle linee guida in materia di buona pratica di distribuzione dei medicinali. Il Decreto del Ministero della Salute del 6 luglio 1999 aveva già definito le Linee guida in materia di buona pratica di distribuzione dei medicinali per uso umano, in cui sono declinate le regole per la corretta conservazione e il trasporto
- inoltrare domanda di autorizzazione per l’attività di commercio all’ingrosso alla Regione o alla propria ASL di competenza se la Regione ha ad essa delegato le competenze in materia di distribuzione all’ingrosso.
- approvvigionarsi e fornire medicinali unicamente a persone, società o enti che possiedano essi stessi l’autorizzazione.