Alfabeto Gestionale è la rubrica di Giuseppe Salvato, commercialista “insolito” e docente di Capacità Gestionali e Relazionali presso il dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna.
Lettera E: EBITDA
Letteralmente “Earning Before Interests, Taxes, Depreciation and Amortization”, in italiano MOL “Margine Operativo Lordo”.
Si tratta di un indicatore molto utilizzato nelle analisi di bilancio delle aziende perché consente di valutare velocemente la capacità di un’organizzazione di essere economicamente redditizia in ciò che è il suo core business.
La sua fama deriva dall’applicazione nelle grandi aziende che, magari, sono quotate in borsa e per le quali gli andamenti dei loro titoli sono direttamente collegati a tale indicatore, pur ovviamente non essendo l’unico.
L’entità di tale margine ovviamente si riflette sugli utili aziendali che, a loro volta, sono determinati appunto anche da tutto ciò che l’EBITDA non prende in considerazione: la politica finanziaria e fiscale di un’azienda, quella legata alle scelte relative alle modalità di investimento (ad esempio tra leasing o proprietà del bene) e alle strategie commerciali di concessione di credito alla clientela; tutte queste politiche si correlano tra loro e influenzano l’utile di esercizio finale.
Ma la domanda mi sorge spontanea: se per le grandi aziende esistono addirittura funzioni manageriali apposite che presidiano le politiche e il loro impatto sui profitti, che importanza ha parlare di EBITDA in farmacia, una micro azienda il cui utile è condizionato in gran parte dalla capacità di avere sotto controllo un altro margine, che chiamiamo margine di contribuzione (meglio, se gestito reparto per reparto)?
Congratulazioni!
Grazie mille. So di andare controcorrente, ma preferisco la sincerità alla popolarità 😉