Il decreto Cresci Italia è legge. Migliaia di farmacisti titolari, esattamente come l’Araba fenice, uccello mitologico noto per rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte, dopo aver saggiato il sapore amaro di una sconfitta, riflettono in queste ore su quale sia la strada meno dolorosa da intraprendere e quale direzione dare alla farmacia.
Senza soffermarsi sulla puerilità e la fretta con la quale è stato scritto l’Art. 11, è necessario avviare sin da ora una riflessione per capire come costruire il futuro della farmacia, come orientarsi nelle scelte e come evitare passi falsi.
Come sostenere il possibile calo di fatturato? Come limitare la diminuzione dei margini e la potenziale emorragia di ricette, in un SSN sempre più povero e sempre più privato? In generale, come comportrarsi?
Il primo passo da non fare è quello di partire con la politica del low cost, ovvero fare promozioni indiscriminate su tutto. Una scelta simile potrebbe essere necessaria per fronteggiare la maggiore concorrenza intra ed extra canale, tuttavia mai perdere la testa e cominciare ad operare indiscriminatamente. Entrare nell’ottica della concorrenza spietata potrebbe voler dire svendere prima il prodotto, poi se stessi. Si farebbe il gioco del industria e del cliente, trascurando se stessi ed il proprio gruppo di lavoro. Attuare una precisa politica di marketing, costruendo un paniere di prodotti a brand noto in promozione, seguendo stagionalità ed esigenze del periodo.
Il secondo passo da non fare è quello di distruggere il knowledge umano, principale risorsa della farmacia. No ai licenziamenti facili e no al demansionamento della forza lavoro. Quello del farmacista può essere annoverato tra i mestieri più specializzati al mondo. Trasformare il capitale in una schiera di semplici esecutori materiali sarebbe una delle più grandi perdite. Puntare sull’ultra-specializzazione del collaboratore e non vanificare anni di sacrifici e di preparazione. Parlare chiaro ai collaboratori e presentargli lo scenario differente, più complesso, far decidere al collaboratore responsabilmente se farne parte o uscirne fuori. Una strategia da seguire potrebbe essere la ricerca di talenti.
Il terzo passo da non fare è quello di cadere nelle mani dei tuttofare, ovvero quelle società, simil franchising, che entreranno in farmacia con forza per prenderne il controllo, riorganizzando tutti i processi come gestione ordini, acquisti, immagine, cambiando il gestionale, lasciando un unico onere al farmacista: aprire e chiudere la serranda. Se il mercato dovesse richiedere una svolta del genere, mai gettare la spugna e favorire l’ingresso di chi ha sempre sperato in una resa del farmacista. Società che in Italia si contano sulle dita di una mano, ma che spuntano come i funghi, il cui obiettivo primario è di arruolare un esercito di farmacisti, proporranno al farmacista collaborazioni chiavi in mano che sicuramente faranno gola perchè daranno l’impressione di voler semplificare la vita del farmacista, ma in secondo momento toglieranno al farmacista potere decisionale e contrattuale verso il mercato. Se proprio si decide di fare questo passo perchè ci si rende conto che la farmacia è cambiata, confrontare più proposte commerciali.
Il quarto passo da non fare è di regalare sin da ora migliaia di euro a società di consulenza direzionale. Quanto meno evitare di farlo dalla sera alla mattina e solo dopo averle provate tutte. A breve il mercato offrirà nuove opportunità e nuove scelte e le attuali società di consulenza verranno affiancate da possibili valide alternative, favorendo sicuramente un’offerta più ampia ed un livellamento dei prezzi al ribasso. Allo stesso tempo fare attenzione ai numerosi improvvisatori che invaderanno il mercato.
Il quinto passo da non fare è cedere alla pressioni dei fornitori che, vista la maggiore spinta concorrenziale esterna tra farmacie, tenderanno a dettare politiche commerciali peggiorative alle nuove farmacie che, con effetto domino, finirebbero con l’influenzare le attuali farmacie. Verranno proposte condizioni meno vantaggiose che le nuove farmacie, con limitata conoscenza del mercato, accetteranno senza fiatare e finiranno con l’influenzare le farmacie già esistenti. Per tante aziende questa potrebbe essere un’opportunità per accorciare i tempi di pagamento e peggiorare la marginalità della singola farmacia, della serie: <<o mangi la minestra o ti butti dalla finestra, tanto ho 5.000 potenziali farmacie nuovi clienti>>.
Il sesto passo da non fare, come è stato fatto sin’ora, è quello di restare a guardare il mondo esterno che si evolve, in attesa che il settore si stabilizzi. Maggiore dinamicità quindi negli investimenti e tempi di risposta più rapidi agli stimoli esterni. Tutti i tentativi di riposizionamento strategico sul mercato saranno utili anche se non porteranno necessariamente i risultati preventivati. Scegliere se mantenere o dismettere un settore dovrebbe richiedere tempi decisionali più brevi. Allo stesso tempo evitare scelte improvvisate e lanciarsi nelle mode del momento.
Il settimo passo da non fare è intraprendere la via dell’isolamento. Curare le relazioni sociali nell’ambito del proprio settore, partecipare agli eventi fieristici ed alle opportunità che offrono le aziende, come ECM e corsi. Sfruttare le associazioni presenti sul territorio: ne esistono a decine, a partire dai Farmacisti Volontari sino ad arrivare ai Farmacisti Podisti. A breve nasceranno nuove associazioni, come i Farmacisti Incavolati e i Farmacisti Frustrati. Muoversi. Fare vita di categoria fa bene, tonifica, rilassa, amplia la rete di conoscenze, dà nuove idee. Chiamare in associazione e proporre incontri, farsi sentire. Evitare di adottare modelli stereotipati: <<che ci vado a fare, tanto sono sempre i soliti a decidere>>. Partecipare alla vita di associazione per entrare nell’ottica di volersi bene per superare uniti queste ed ulteriori sfide.
L’ottavo passo da non fare è quello di giocare sporco. Probabilmente aumenteranno i fenomeni volti ad accaparrare un maggior numero di clienti/pazienti che ruotano nell’indotto della medicina generale/specialistica. Alimentare questo tipo di sistemi significherebbe perderne di forza propria. Significherebbe trasformarsi in parassiti incapaci di poter scegliere la strada giusta per se, subendo passivamente il sistema, quest ultimo più difficile da controllare. Stampare una bella copia del codice deontologico del farmacista e leggerla ogni mattina.
Quali altri passi da non fare consiglieresti ad un farmacista titolare alle prese con il decreto Cresci Italia?