Lavorare per settori e specializzazioni

Se dovessi individuare un unico difetto nel nostro percorso di studi rispetto all’attività che svolgiamo, che metta in luce le sue carenze e incoerenze, lo scoprirei appena possibile (e non è un modo di dire!).

Che si tratti di una vetrina fisica o digitale – come quella dei social media –, risalta anche a un occhio meno esperto l’assenza di un filo conduttore nella proposta commerciale di ogni farmacia.

Sfruttando l’elasticità della tabella commerciale che regola la vendita in farmacia, spinti dalla crescente necessità di aumentare i ricavi, erosi dalla riduzione del prezzo dei farmaci sotto quella che era l’egida del Servizio sanitario nazionale (Ssn), le vetrine e gli spazi fisici e digitali delle farmacie hanno assunto una varietà a volte imbarazzante.

Parallelamente, la decisione di introdurre merci diverse con obiettivi non chiari ha portato a un livellamento dell’offerta e ha creato confusione tra i consumatori.

Il cliente della farmacia – e in questo caso volutamente non uso il termine “paziente” – ha iniziato a percepire la farmacia come il negozio di quartiere più eterogeneo e meno specializzato che possa sperimentare.

Non mi soffermo sulle singole categorie di prodotti che, a mio avviso, in alcuni casi forzatamente associate al concetto di salute che dovremmo promuovere, ma piuttosto evidenzio come ciò influisca negativamente sulla percezione che il pubblico ha del singolo “negozio” e dell’intera categoria.

Nel processo di revisione e riorganizzazione dell’offerta, è utile lavorare su macro-categorie organizzate per bisogni o categorie di prodotti, all’interno delle quali si svilupperà poi un assortimento da cui si sceglierà l’ampiezza e la profondità.

Creando uno schema in cui ad alcune categorie viene dato più spazio rispetto ad altre – che idealmente corrisponde a una maggiore competenza tecnica o predisposizione del personale – in modo naturale e graduale, si finirà per dare una o più specializzazioni al proprio negozio.

La riconoscibilità esterna e interna dell’esposizione, alla quale può essere associata anche una programmazione di eventi e, perché no, di promozioni commerciali coerenti e costanti nel tempo, costruirà nel tempo un’immagine positiva del lavoro svolto in quella specifica farmacia, evidenziando le sue caratteristiche e specializzazioni. D’altra parte, permetterà di lavorare con una maggiore consapevolezza degli obiettivi e ridurrà l’effetto “bazar” che tutti detestiamo ma in cui troppo spesso cadiamo inconsapevolmente.

Ma non è colpa nostra, abbiamo studiato chimica farmaceutica, non marketing!

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Giuseppina Amato
Giuseppina Amato
Farmacista dal 2007, esercita la professione dividendosi tra il banco e il retro-banco della farmacia di famiglia, occupandosi di relazioni sia col pubblico sia con fornitori di prodotti e servizi. Ha coniugato la passione per le parole e per la comunicazione con l’attività lavorativa, pensando ad un modo nuovo ed assolutamente personale di intendere la professione. Ha sviluppato progetti legati a maternità e prima infanzia che caratterizzano oggi la sua attività.

2 COMMENTI

  1. Sono completamente d’accordo su tutto, ma c’è sempre spazio per miglioramenti! La chimica farmaceutica potrebbe essere resa un po’ più accessibile rispetto a chi, ad esempio, studia CTF. Inoltre, marketing e comunicazione potrebbero essere integrati nel programma formativo.

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