Una prima analisi dell’Art. 32, nel testo del Decreto Legge relativo alle misure anticrisi, dà l’impressione di una manovra frettolosa, messa in atto su base emotiva, da principianti con vaghe conoscenze delle regole del settore farmaceutico.
Manovra pensata per favorire interessi forti come investitori con grandi capitali, compreso chi oggi ha la possibilità di aprire una parafarmacia, e non le migliaia di farmacisti che non hanno accesso a risorse finanziarie, ancora una volta messi da parte.
Con l’aumentare della concorrenza tra farmacie, parafarmacie e GDO, si fa tutto l’interesse dell’industria. Quando si facilita l’accesso ad un bene, migliorandone l’acquisto, ne viene automaticamente incrementato anche il consumo.
Una liberalizzazione equa avrebbe eliminato completamente i vincoli dei margini nella filiera. Non è equo collocare i farmacisti in un’ottica di competizione e al tempo stesso non stimolare la concorrenza alla fonte, ovvero all’industria, che vede assicurarsi il margine del 66,66 %, concedendo al farmacista il fatidico sconto legge del 33,35%.
La forbice all’interno della quale tutta la filiera farmacia-grossista dovrà gestire la concorrenza e i propri costi di gestione, sarà quella del 33,35% (30,35 % farmacie e 3% grossista) fascia al di sotto della quale si rischia di generare un costo.
In un’ottica di livellamento dei prezzi, il ribasso massimo che potrà avere un farmaco sarà quello del 33,35 % e alla farmacia non sarà concesso, diversamente dai SOP e gli OTC, di poter ottenere uno sconto migliore dall’industria in funzione delle quantità acquistate.
Probabilmente questa ulteriore deregulation avrebbe scomodato grandi centri di potere come Farmindustria e messo in crisi seriamente gli interessi dell’intera bigpharma italiana e il suo business da 24 miliardi di euro, in costante aumento.
La farmacia si trova a dover pagare di tasca propria, ancora una volta, il miglior prezzo a favore del cittadino e in questo caso, a dover sostenere il problema Italia.
Prezzi farmaci aboliti
Tra le righe dell’art. 32, comma 4, si legge che tutti prezzi dei farmaci di Fascia C, non concedibili e non scontabili, potranno essere considerati scontabili. Addio articolo 125 TULS. L’utente potrà trovare, in tutti gli esercizi commerciali, il prendi tre paghi due su farmaci come il Viagra, il Cialis e similari. Palese esempio di come la salute viene definitivamente trasformata in business, istruendo il cliente al consumo.
Dal testo stesso si legge purché gli sconti siano esposti in modo leggibile, probabilmente il legislatore non sa che i farmaci di Fascia C non possono essere nè esposti, nè accessibili direttamente al paziente. O vorrà dire, tra le righe, che anche i farmaci di fascia C potranno essere esposti direttamente nelle aree a libero servizio?
Titolari indignati
Tanti malumori nella categoria, incapace di aver gestito uno dei più grandi flop dell’ultimo ventennio. La Federazione accusata di un’eccessiva leggerezza nei confronti della gestione della problematica, probabilmente a causa della frammentazione della casta-non-casta. I titolari di farmacia hanno il timore che la Fascia C, sebbene vendibile con ricetta medica, verrebbe trattata come un farmaco da banco.
Malumori dalle parafarmacie
Insoddisfazione dal mondo delle parafarmacie perchè esclusi i comuni inferiori ai 15.000 abitanti. In realtà la ratio di questo decreto è quello di favorire i poteri forti. Come spiegare allora questa parzializzazione dell’applicazione della norma?
Ripercussioni sul piano occupazionale
Le associazioni di parafarmacie assicurano che la norma favorirà la creazione di 8000 nuovi posti di lavoro, la Federazione dei titolari denuncia che vi sarà un’emorragia di circa 18.000 posti di lavoro. Guerra di numeri, ma ci si chiede che fine faranno i neolaureati in farmacia, in un settore non più sicuro come prima, ma subordinato alle leggi della competitività sfrenata.
Aumenterà il precariato e la rotazione dei posti di lavoro, sul modello delle grandi catene Inglesi o Olandesi. Si arriverà ad una mercificazione del lavoro del farmacista, fino ad oggi ritenuto nobile professione. Il riassetto dell’occupazione inoltre provocherà una selezione naturale dei farmacisti meno competenti, emarginandoli totalmente da un sistema che si baserà solo sull’efficienza e sulla produttività.
Farmacie penalizzate dalla manovre
Le farmacie penalizzate due volte. In primis perché dovranno gestire i farmaci con ricetta non ripetibile e stupefacenti, creando confusione nel consumatore, mentre le parafarmacie saranno esonerate da questo compito, della serie: il lavoro delicato continuano a farlo le farmacie, mentre il business, le parafarmacie. Le farmacie dovranno inoltre garantire in pianta organica i turni notturni e festivi, con presenza del farmacista sottopagato e con tariffe aggiornate al 1993.
Le parafarmacie avranno rapporti esclusivamente con privati, mentre la farmacia, non solo dovrà operare in ottica concorrenziale al ribasso, ma continuerà ad avere l’onere di gestire rapporto con il SSN, ovvero dover convivere con tutte le problematiche dei ritardati pagamenti e dei continui sacrifici, tagli compresi.
Trasformare i problemi in opportunità
Non tutti i mali vengono per nuocere. Una liberalizzazione del settore, consentirebbe al farmacista di poter ottenere molti vantaggi, soprattutto sul versante dei prodotti e servizi B2B. Aumentando la domanda di servizi, il mercato evolverà verso una migliore offerta. Con il risultato di trovare maggiore concorrenza e più efficienza.
Lo stesso prodotto, se acquistato nella filiera delle aziende operanti nelle farmacie, viene trovato a decine di euro in più rispetto al normale andamento del mercato. Basti pensare che un sito e-commerce per una farmacia può arrivare a 7.000 Euro, nell’era del web 3.0. Una confezionatrice manuale per il sottovuoto, ad una macelleria costerà 200 Euro, ad una farmacia 400 Euro. E’ chiaro che nel medio periodo questa tendenza svanirà ed anche il farmacista potrà ottenere forti benefici. Benefici tali però da non giustificare una liberalizzazione selvaggia.
Una coltellata nel fianco, insomma, a chi nei secoli ha sì, accumulato ricchezze e da qui probabilmente l’etichetta di lobby, ma che da un ventennio a questa parte subisce vessazioni e discriminazioni, pagando delle colpe probabilmente ereditate da chi ha voluto un sistema chiuso a tutti i costi, indipendentemente dalla volontà dei farmacisti.
Al farmacista va riconosciuto, nonostante tutto, l’aver sempre mostrato professionalità, cultura, trasperenza e sensibilità alle problematiche del cliente/paziente.