Alfabeto Gestionale è la rubrica di Giuseppe Salvato, commercialista “insolito” e docente di Capacità Gestionali e Relazionali presso il dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna, a cui diamo il benvenuto.
Lettera R: Redditività (o marginalità)
Il margine di contribuzione è la differenza tra il prezzo della merce venduta (netto Iva) e il suo costo (netto Iva). Tale margine, poi, va confrontato con l’incidenza dei costi fissi per calcolare l’utile finale ottenuto. Ma stiamo parlando del margine unitario.
Piuttosto, come si calcola il margine di contribuzione globale?
Non basta prendere il valore dei ricavi (totali, o di reparto, o per linea di prodotto) e sottrarre i corrispondenti costi, ma occorre tener conto delle differenze di magazzino. Quindi, ai ricavi di vendita andranno sottratti non i costi di acquisto bensì i costi della merce venduta in un determinato lasso di tempo, calcolati nel modo seguente:
- Valore Delle Rimanenze Iniziali + Costo Della Merce – Valore Delle Rimanenze Finali
Perché il calcolo della marginalità, nella sua espressione di percentuale sul prezzo (netto Iva) o sui ricavi complessivi di vendita è preferibile all’analogo calcolo dei ricarichi (percentuale che si addiziona al costo di acquisto)?
Per due motivi:
- Il primo è perché parlare di margine sulle vendite e di sconti sugli acquisti significa esprimersi con due concetti sostanzialmente coincidenti (se il fornitore applica il 40% di sconto ciò equIvale, per il farmacista, ad ottenere il 40% di margine sulla corrispondente vendita).
- Il secondo motivo è perché la percentuale di margine si può confrontare con l’incidenza dei costi fissi: entrambi si calcolano sulla base dei ricavi di vendita. Il 50% dei ricarichi, ad esempio, non può confrontarsi con il 20% dei costi fissi, perché i secondi si calcolano sul costo e non sul valore di vendita della merce.