Misurare la “produttività” degli spazi in farmacia

Mi sono sempre scontrata con i numeri e con le logiche ad essi sottese. Ho incontrato stechiometriche difficoltà quando ho lottato con le titolazioni e continuo a farlo quando leggo i dati gestionali.

A volte i conti non tornano e non solo algebricamente.

Vivendo la quotidianità in farmacia le percezioni e i numeri non combaciano e trovo difficile scegliere a quale parametro affidare l’onere della verità.

Con la consapevolezza di avere una lacuna tecnica, ho colmato la mancanza di cultura della gestione d’impresa insita nel nostro piano di studi imparando a leggere dati e a parlare di numeri da chi vive di cifre e conti.

Ho cominciato a masticare termini come entrate, uscite, margini, ricarichi, ad individuare KPI, a valutare gli indici di rotazione e a intersecare e incrociare questi dati con la redditività per metro di esposizione, ad individuare quali aree destinare all’esposizione dell’uno o dell’altro segmento o prodotto.

Poi, ho cominciato a osservare l’area a libero servizio della farmacia con occhi da cliente e ho scoperto che l’esposizione che vende da sola, tranne che in pochi casi meramente commerciali e di prodotti di larghissimo consumo (salviette umidificate, flaconcini di soluzione fisiologica, creme mani, igienizzanti a marchio noto) non esiste, almeno nella farmacia media italiana, ma esiste un percorso comunicativo che il farmacista imposta e che passa anche ma non solo dal prodotto a scaffale.

Conta molto di più cosa il farmacista racconta di sé e delle sue scelte, e in quest’ottica anche spazi che abbassano la media della redditività per metro lineare, come quelli che espongono informazioni, in una visione più ampia aumentano l’interesse dell’utente verso i contenuti di cui il farmacista può farsi foriero e nel contempo aumentano il valore percepito di ciò che si espone e propone altrove nel locale.

E con questa consapevolezza trovo il senso di ciò che a pelle ho sempre percepito, ovvero che l’analisi matematica di ricavi per metro lineare deve essere intesa in una lettura globale delle performance economiche dell’intera attività, molto più che come rendimento del singolo scaffale o espositore.

Nella tua farmacia attui analisi di tipo puntiforme o preferisci leggere i dati globali anche fidandoti della tua sensazione? Quest’ultima ha conferma nei dati gestionali?

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Giuseppina Amato
Giuseppina Amato
Farmacista dal 2007, esercita la professione dividendosi tra il banco e il retro-banco della farmacia di famiglia, occupandosi di relazioni sia col pubblico sia con fornitori di prodotti e servizi. Ha coniugato la passione per le parole e per la comunicazione con l’attività lavorativa, pensando ad un modo nuovo ed assolutamente personale di intendere la professione. Ha sviluppato progetti legati a maternità e prima infanzia che caratterizzano oggi la sua attività.

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