La sfida di oggi (non di domani!): CAMBIARE o INNOVARE?

Premessa:
Il Cambiamento è il risultato sia dell’azione di cambiare sia di quella di innovare, senza per ora entrare nel merito. Senza cambiare o innovare non si ha e non si partecipa al Cambiamento generale.
Quando si abusa di un termine, lo si uccide (e quando si smette di pronunciarlo lo si dimentica). Questo ho imparato e devo dire che coincide con la realtà. Potremmo trovare tanti esempi, soprattutto nel mondo della politica, di sostantivi e verbi che ormai, proprio per l’uso frequente sulle bocche di tutti, hanno perso sia il significato sia, di conseguenza, il valore: democrazia, libertà, responsabilità, diritti, doveri, fare, cultura…
Uno di questi termini è senza dubbio Futuro.
Ho iniziato a lavorare nel mondo della farmacia nel 2007, anno difficile da dimenticare proprio per il suo ruolo di spartiacque tra passato e, appunto, futuro.
È curioso notare come, da quei giorni, tutto sia diventato futuro, e tale sia rimasto, sospeso in una prospettiva incombente ma sempre di là da venire: mentre si dibatteva del domani, più o meno prossimo, si dimenticava di dedicare la giusta attenzione al presente, senza avvedersi che, nel frattempo, tale era diventato il futuro di cui tanto si era discorso.
Oggi, ad otto anni di distanza, la situazione rimane la stessa.
Per averne un esempio tangibile è sufficiente dare uno sguardo al programma dell’ultima edizione, appena conclusasi, di Cosmofarma: scorrendo i titoli dei convegni, infatti, ci si imbatte per ben sette volte nel termine “Futuro”.
Eppure, mentre si continua a parlare di qualcosa che deve ancora trovare realizzazione, nel mondo della farmacia è già successo tanto, molto di veramente nuovo tra cui il fallimento di qualche distributore intermedio e di alcune farmacie, la riduzione dei fatturati del farmaco, la concorrenza con parafarmacie e GDO, l’improvvisa trasformazione di alcuni collaboratori in un problema con cui fare i conti, per arrivare, alfine, alle novità contenute nell’ultimo ddl sulla concorrenza.
Messi di fronte a questo nuovo panorama, peraltro in continuo divenire, dalle liberalizzazioni “bersaniane” a queste, ancora in via di approvazione, “guidesche”, cosa hanno fatto i titolari di farmacie?
Soltanto alcuni hanno reagito in modo costruttivo, e, invece di guardare e parlare di futuro, hanno pensato al presente, valorizzando la propria attività giorno per giorno, organizzandola al meglio e rendendola così più efficiente, tanto da riuscire a crescere e in maniera sana, nonostante tutti gli alibi.
Molti, invece, hanno ceduto alla tentazione di dismettere il camice per indossare solo le vesti dell’imprenditore. Altri, i più, in preda allo spavento generato dal venir meno improvviso di quelle che sembravano certezze incrollabili, sono rimasti al palo, ad assistere impietriti al paventato crollo di valore delle loro attività (passato dal triplo del fatturato allo zero), senza comprendere che, in realtà, è proprio un atteggiamento del genere da parte del titolare a determinare la svalutazione della propria farmacia.
Cos’è stato, in particolare, a spaventare chi è rimasto con le mani in mano?
Il Cambiamento.
Non posso non ricordare, anzitutto, che «Le due principali regole che stanno alla base della vita stessa sono: 1. Il Cambiamento è inevitabile. 2. Tutti cercano di resistere al Cambiamento» (D. W. Edwards).
E, proseguendo nel ragionamento, a determinare tale resistenza è proprio lo spavento che il Cambiamento naturalmente genera in ciascuno di noi. Perché tanta paura?
Ad aiutarci a rispondere al quesito saranno le parole di altri tre illustri pensatori, sicuramente più autorevoli di me, che, a secoli di distanza l’uno dall’altro, hanno riflettuto sul tema che ci occupa:
Eraclito: «Non c’è nulla di permanente ad eccezione del Cambiamento».

Charles Darwin: «Non è la specie più forte a sopravvivere, e nemmeno la più intelligente. Sopravvive la specie più predisposta al Cambiamento».

Stephen Hawking: «L’intelligenza è la capacità di adattarsi al Cambiamento».

Dalla lettura di questi brevi passaggi emerge chiaramente quanto già anticipato in premessa: il Cambiamento è un evento che è la conseguenza di altre azioni. Può essere un Cambiamento positivo o negativo a seconda delle azioni che lo determinano e per questo può piacerci o meno.
Impiegando una metafora, potremmo dire che il Cambiamento è l’innalzarsi dell’asticella che siamo chiamati a superare.
Si tratta di un fenomeno che, mentre è ben noto, dalla notte dei tempi, in innumerevoli settori della vita umana, fino a pochi anni orsono non ha mai interessato il mondo della farmacia, in cui l’asticella è rimasta alla stessa altezza per un periodo lunghissimo, con conseguente perdita, da parte dei titolari, della capacità imprenditoriale imprescindibile (cfr. il dimenticato art. 21 del Codice Deontologico) per chi gestisce un’azienda. Sono stati proprio la certezza del guadagno e la mancanza di concorrenza ad impedire la percezione del profondo Cambiamento che, nel frattempo, avveniva ovunque tutto intorno.
Ora che il Cambiamento è arrivato, prorompente, anche in quella che era a lungo stata un’isola felice, e non può quindi più essere ignorato, l’interrogativo è: come saltare l’asticella che è più alta di prima? Sono due le possibili modalità, come ci insegna la storia della disciplina del salto in alto che continuo ad assumere come metafora: o come si faceva prima del 1968, con la tecnica a forbice, quindi in avanti, o come si è fatto poi, con il metodo Fosbury, che prende il nome dal suo ideatore, Dick Fosbury, il quale, saltando di schiena, con ai piedi le sue Adidas, una bianca e una azzurra, alle olimpiadi di Città del Messico, ha introdotto il metodo con cui il record è arrivato agli attuali 2,45 metri. Il tutto grazie all’impiego di quello che, per quanto strano possa suonare oggi, non era null’altro che uno strumento innovativo: il materasso, che ha sostituito la buca di sabbia (a testimonianza di quanto sia importante dotarsi degli strumenti nuovi e, soprattutto, usarli bene).
Fu una rivoluzione derivante, come poi vedremo, dall’innovare e non dal cambiare: c’erano comunque uno stadio, la folla intorno, un’asta sorretta e un atleta, come prima e come sarebbe stato dopo fino ad oggi.
“Siamo nel futuro e quindi serve cambiare”, potremmo riassumere così l’imperativo di cui si sono state inondate le farmacie, da parte di tutti gli addetti ai lavori e non solo.
Nonostante siano termini di uso quotidiano, da malfidato quale sono, quando sento unanimità nell’azione da compiere, mi fermo, respiro e prendo il dizionario: CAMBIARE (dal dizionario Treccani): «Sostituire una persona, una cosa, con altra simile o diversa; Rendere diverso, trasformare; Barattare, dare una cosa per averne in suo luogo un’altra; Diventare diverso da quello di prima, trasformarsi, passare da uno stato a un altro».
Sì, anch’io me lo aspettavo meno drastico il significato di cambiare, ma tant’è.
E’ questo che volete? E’ questa la strada da percorrere?
Sicuramente è quello che stanno facendo alcuni.
Proprio cinque minuti fa, in una pausa tra queste righe, ho visto una fotografia che ritraeva l’interno di una farmacia, dove campeggiava un frigorifero pieno di Coca-Cola. Ecco un chiarissimo esempio di Cambiamento frutto dell’azione di cambiare e non da quella di innovare: quel farmacista sta trasformando la sua attività in qualcos’altro, un’entità che somiglia ai suoi nuovi competitors, siano essi grandi e grossi o più piccoli e limitrofi, che svolgono tutt’altro mestiere e, in molti casi, lo fanno con metodi e forme tanto diversi da sembrare esattamente opposti (non per questo sbagliati) a quelli propri della farmacia. Ed è questa la ragione principale per cui l’idea di provare a batterli sul loro campo, brandendo la stessa tipologia di armi, mi appare, onestamente, non solo di difficile realizzazione, ma, in ultima analisi, un’azione suicida.
Un’altra immagine, cui corrisponde chiarissimo un diverso modo di intendere il Cambiamento, è quella del venditore di arancini siciliani in cui mi sono imbattuto qualche settimana fa, nel contesto di una grande fiera sull’agricoltura.
Lui sì che è un vero innovatore!!
Forse perché si è dotato di una pagina facebook?
Macché, la vera innovazione sta nell’offerta! Ai classici arancini al ragù di carne, mozzarella e prosciutto, salsiccia e cipolla, infatti, ha aggiunto quelli per vegetariani (zucca e cipolla, pistacchio e mozzarella) e vegani (caponata), tutti realizzati, tra l’altro, impiegando ingredienti regionali. Così facendo, non ha cambiato il menù, alterandone l’essenza caratteristica, ma lo ha arricchito e migliorato, ampliando perciò la platea dei possibili clienti.
In due parole: ha innovato.
E lo ha fatto senza snaturare la sua essenza, ma anzi esaltandone il valore portandolo al passo con i tempi, allo stesso modo delle farmacie che propongono caramelle bio a loro marchio, incomparabili e quindi introvabili tra gli scaffali dei supermercati o altrove.
E quindi INNOVARE, il secondo verbo del titolo e sempre dallo stesso dizionario di prima il significato:
«L’atto, l’opera di innovare, cioè di introdurre nuovi sistemi, nuovi ordinamenti, nuovi metodi di produzione; ogni novità, mutamento, trasformazione che modifichi radicalmente o provochi comunque un efficace svecchiamento in un ordinamento politico o sociale, in un metodo di produzione, in una tecnica».
Direi che questo termine esprime l’azione che fa di più al caso del mondo farmacia.
In definitiva, significa migliorare ogni giorno, sviluppando così la capacità di comunicare, da un lato, quel valore che giustifica la maggiorazione di prezzo di alcuni prodotti di facile reperibilità e, dall’altro, i vantaggi per i clienti.
Ultimamente mi piace citare un giovane chef , Davide Oldani: «L’innovazione è sempre nella forma, mai nella sostanza».
Una semplice proposizione densa di significato che riesce ad indicare la giusta via.
La sostanza è quella di essere farmacisti, quella che vogliono i clienti (i migliori, quel 30% che vi porta oltre il 70% di fatturato parafarmaco) e che è quasi impossibile trovare altrove. E’ proprio ciò che vi differenzia: la possibilità per il cliente di avere di fronte qualcuno a cui parlare di una necessità o che, meglio, riesca a tirarla fuori, con l’empatia e l’ascolto empatico, in cui partecipano, oltre alle orecchie, anche gli occhi, che guardano quelli del cliente invece che il monitor del pc.
È chiaro che chi ha pensato ad innovare già anni fa dispone, oggi, di un vantaggio competitivo, quale che sarà il futuro. Sono le farmacie che crescono, che formano i loro collaboratori affinché aumentino di valore e vengano percepiti effettivamente per quel che sono, che hanno messo al centro la persona – collaboratore o cliente che sia – scalzando la questione prezzo dal posto d’onore che va sempre di più ricoprendo e che per questo si sono ritagliate uno spazio commerciale inattaccabile e impossibile da replicare.
Che questo modus abbia un valore inestimabile ce lo confermano gli slogan pubblicitari della GDO (es. “persone oltre le cose”) che cerca di trasmettere ciò che non può essere, e che invece rappresenta l’in se della farmacia, la quale, al contrario, in molti casi comunica esclusivamente un vantaggio economico, sul modello dei discount.
È necessario anche sbagliare per migliorarsi, quindi allenarsi per superare la famosa asticella, che purtroppo non è più appoggiata a terra!!! E soprattutto coraggio, ma non incoscienza.
Ricapitolando, innovare altro non significa che tornare ad essere la farmacia di prima ma utilizzando gli strumenti di oggi.
“Siamo nel futuro e quindi serve INNOVARE”, potremmo così riformulare l’imperativo sopra citato.
Del resto non è la farmacia ad avere personale qualificato? E allora perché non sfruttare questo plus rispetto alla GDO aumentando l’offerta di prodotti e servizi che richiedono vendita assistita? (sì, lo so che è il contrario di tutto ciò che vi viene suggerito riguardo al libero servizio, ma la mia formazione mi obbliga ad analizzare i numeri da un punto di vista qualitativo!).
Inoltre, da cliente, posto che tutto ciò che posso comprare da solo posso quindi anche comprarlo ovunque me ne sia data la possibilità, posso assicurarvi che se entro in farmacia è perché voglio parlare con un farmacista, se voglio parlare voglio anche essere ascoltato, se vengo ascoltato di conseguenza ascolto ciò che mi viene suggerito e non me la prenderò mai se mi viene chiesto come mai ho delle strane bollicine sulla fronte.
A me che passo la maggior parte del tempo in farmacia fa riflettere molto che l’unico ad interessarsene sia stato il mio amico gommista. A voi no?

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Damiano Marinelli
Damiano Marinellihttps://blog.farmaciavirtuale.it/author/marinelli/
Damiano Marinelli non è farmacista. E' finito nel mondo farmacia per caso. In 10 anni ha visitato oltre 2.000 farmacie, osservandone il lavoro. Studia e declina la sua concezione di marketing, cercando di difendere il più possibile le peculiarità della farmacia. E poi tante altre cose tra cui il gruppo Fb Farmamico e il corso per titolari Formamico, il numero 1 in Italia.

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