Spazi di consulenza fisici e virtuali in farmacia

Diamo il benvenuto a Giuseppina Amato, farmacista ad Alcamo (Tp), appassionata di farmacia, ma anche gestione, di relazione con il pubblico e con i fornitori di prodotti e servizi. 👏👏👏

Il valore dell’atto professionale del farmacista

Nelle anomalie che si riscontrano nella figura del farmacista – o almeno in quello è che il farmacista italiano dell’immaginario collettivo – la più evidente agli occhi attenti è che è tra i pochi professionisti sanitari con titolo accademico – o forse unico – la cui retribuzione non dipende dall’erogazione di una prestazione professionale, ma dalla vendita di una merce, di un bene.

In proposito, mi soffermo sulle opportunità di far conoscere al pubblico gli ambiti in cui una consulenza di un farmacista può essere utile e sulla possibilità di creare valore, se non economico, almeno percepito in termini di plus di una farmacia o di un farmacista su un’altra.

Perché ciò avvenga, oltre al basilare ma cruciale apporto in termini di conoscenze e competenze, sempre aggiornate e non risalenti all’accademica preparazione e alle soft skills in ambito comunicativo di cui si è finalmente appresa l’importanza, è necessario studiare anche la cornice entro cui l’attività di consulenza del farmacista deve svolgersi.

Le pagine social e i canali digitali offrono il vantaggio di essere utilizzati nonostante le distanze, annullando i tempi di spostamento nonché utilizzando modalità di interazione asincrone tra i due attori del processo di comunicazione.

Un po’ più complesso a livello logistico, ma foriero di molta soddisfazione reciproca per farmacista e paziente, è la creazione di appositi spazi all’interno della farmacia in cui dedicarsi alle consulenze.

La farmacia italiana vive spesso difficoltà nel destinare spazi ai servizi, sottraendo metri all’esposizione. Ciò nonostante, volendo ipotizzare un cambio di paradigma, si potrebbe cominciare a parlare di redditività degli spazi a prescindere dal calcolo di pezzi venduti per metro di esposizione.

L’industria degli arredatori si è accorta di questa possibilità – o meglio, solo alcuni più illuminati di altri –, e propone aree – definite box – di facile installazione anche in spazi limitati.

Accogliere il paziente e le sue domande in uno spazio dedicato, con sufficiente privacy, una poltroncina comoda e senza messaggi commerciali, può sicuramente aumentare il valore percepito dell’atto professionale e, come fine non meno importante, anche la redditività della farmacia stessa.

Sono certa che tra coloro che leggono questo post, qualcuno ne ha già compreso l’importanza e sta attuando questo metodo. Da tempo ho applicato queste idee e, finalmente, ho preso in mano la mia professione trascinandola fuori dal banco.

Che ne pensate? In che modo si può spostare il focus fornendo valore aggiunto al cliente paziente?

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Giuseppina Amato
Giuseppina Amato
Farmacista dal 2007, esercita la professione dividendosi tra il banco e il retro-banco della farmacia di famiglia, occupandosi di relazioni sia col pubblico sia con fornitori di prodotti e servizi. Ha coniugato la passione per le parole e per la comunicazione con l’attività lavorativa, pensando ad un modo nuovo ed assolutamente personale di intendere la professione. Ha sviluppato progetti legati a maternità e prima infanzia che caratterizzano oggi la sua attività.

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